Red Hat Enterprise Linux 3: Installation Guide per le architetture IBM® eServer™ iSeries™ e IBM® eServer™ pSeries™ | ||
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Quest'appendice non è necessariamente applicabile alle architetture basate su x86. Tuttavia il concetto generale potrebbe essere valido. |
Le partizioni del disco costituiscono da tempo un elemento standard nei personal computer. Tuttavia, poiché la maggior parte della gente acquista computer già dotati di sistema operativo, pochi capiscono il funzionamento delle partizioni. Questo capitolo tenta di spiegare l'utilità e il funzionamento delle partizioni del disco, affinché l'installazione di Red Hat Enterprise Linux sia il più semplice possibile.
Se conoscete il funzionamento delle partizioni del disco, potete passare alla Sezione C.1.4 e seguire la procedura indicata per liberare lo spazio su disco e preparare l'installazione di Red Hat Enterprise Linux. Questa sezione espone inoltre lo schema utilizzato da Linux per la denominazione delle partizioni, la modalità di condivisione dello spazio su disco con altri sistemi operativi e argomenti correlati.
I dischi fissi svolgono una funzione molto semplice: possono archiviare dati e recuperarli su comando.
Per trattare temi come il partizionamento del disco, è importante avere qualche nozione sull'hardware usato. Purtroppo è facile perdersi fra i dettagli. Per facilitare la spiegazione di ciò che realmente avviene durante il partizionamento, abbiamo deciso di utilizzare un diagramma semplificato di un disco fisso partizionato. La Figura C-1, mostra un disco fisso nuovo, mai utilizzato prima.
Non c'è molto da vedere, vero? Ma se parliamo di dischi fissi a livello base, la questione cambia. Supponiamo di voler archiviare alcuni dati su un disco. In questo momento non è possibile. Dobbiamo prima compiere alcune operazioni.
Gli utenti più esperti probabilmente hanno già familiarità con queste operazioni. Occorre formattare l'unità. Con la formattazione (in genere definita "creazione di un filesystem") vengono scritte delle informazioni sul disco e viene fatto ordine sfruttando lo spazio vuoto di un disco non formattato.
Come mostra la Figura C-2, l'ordine imposto da un filesystem comporta alcuni compromessi:
Una piccola percentuale dello spazio libero su disco è usata per archiviare i dati relativi al filesystem e può essere considerata come overhead.
Un filesystem divide lo spazio rimanente in piccoli segmenti di dimensioni regolari. Nel mondo Linux, questi segmenti sono conosciuti come blocchi. [1]
Dato che i filesystem consentono di eseguire numerose operazioni, tra le quali la creazione di directory e file, questi compromessi non sono che un piccolo prezzo da pagare.
È anche vero che non esiste un filesystem singolo e universale; come mostra la Figura C-3, un disco può avere uno o più filesystem differenti. Come potrete immaginare, filesystem differenti possono essere incompatibili, quindi un sistema operativo che supporta un certo filesystem (o più tipi di filesystem) potrebbe non supportarne un altro. Questa comunque non è una regola sempre valida. Per esempio,Red Hat Enterprise Linux supporta un'ampia varietà di filesystem (inclusi quelli comunemente utilizzati da altri sistemi operativi), semplicando l'interscambio tra filesystem differenti.
Naturalmente, scrivere un filesystem su disco costituisce solo l'inizio. L'obiettivo di questo processo è quello di archiviare e recuperare i dati. Diamo uno sguardo al nostro disco dopo la scrittura di alcuni file su di esso.
Come mostra la Figura C-4, alcuni dei blocchi prima vuoti ora contengono dati. Tuttavia non possiamo ancora determinare con esattezza quanti file si trovano nel disco; magari solo uno o forse molti di più, poichè tutti i file utilizzano almeno un blocco e alcuni più di uno. Un altro punto importante da notare è che i blocchi utilizzati non devono essere contigui e i blocchi usati non possono essere sparpagliati. Il processo è noto come frammentazione. La frammentazione può avere un ruolo importante quando si tenta di ridimensionare una partizione esistente.
Con lo sviluppo delle tecnologie informatiche, le unità disco hanno continuato a mutare nel tempo. In particolare, sono diventate più grandi, non dal punto di vista delle dimensioni ma delle capacità, in quando possono archiviare più dati. E questo ha introdotto un cambiamento fondamentale nella modalità di utilizzo dei dischi.
Con l'aumento delle capacità delle unità disco, alcune persone hanno cominciato a chiedersi se fosse una buona idea avere tutto quello spazio disponibile su un unico disco. Questa linea di pensiero era guidata da vari argomenti, alcuni filosofici, altri tecnici. Da un punto di vista filosofico, oltre una certa dimensione, sembrava che lo spazio aggiuntivo fornito da un disco più grande creasse solo confusione. Da un punto di vista tecnico, alcuni filesystem erano stati ideati per supportare fino a una certa capacità. Oppure i filesystem potevano supportare dischi più grandi, ma l'overhead imposto dal filesystem per tenere traccia dei file diventava eccessivo.
Per risolvere il problema, si è deciso di dividere i dischi in partizioni. Si può accedere a ogni partizione come se fosse un disco separato. Questo avviene mediante l'aggiunta di una tabella delle partizioni.
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Mentre i diagrammi in questo capitolo mostrano la tabella delle partizioni separata dal resto del disco, in realtà questa è archiviata all'inizio del disco, prima di ogni filesystem o di qualsiasi dato dell'utente. Ma per maggior chiarezza, nei nostri diagrammi verrà visualizzata separatamente. |
Come mostrato nella Figura C-5, la tabella delle partizioni è divisa in quattro sezioni. Ogni sezione può contenere le informazioni necessarie a definire una singola partizione e questo significa che la tabella delle partizioni può definire non più di quattro partizioni.
Ogni voce della tabella delle partizioni contiene molte caratteristiche importanti della partizione:
i punti sul disco in cui la partizione inizia e finisce;
informazioni relative all'attivazione della partizione;
il tipo di partizione.
Analizziamo più in dettaglio ognuna di queste caratteristiche. I punti iniziali e finali indicano la dimensione e la posizione sul disco della partizione. La definizione di "attivazione" è usata dai loader di avvio di alcuni sistemi operativi. In altre parole, il sistema operativo della partizione "attiva" viene avviato.
Il tipo di partizione può confondere. È un numero che identifica l'utilizzo della partizione. Questa informazione può sembrarvi un po' vaga, perché il significato stesso del tipo di partizione è vago. Alcuni sistemi operativi utilizzano il tipo di partizione per denotare un tipo specifico di filesystem, per identificare la partizione come associata a un sistema operativo particolare, per indicare che la partizione contiene un sistema operativo avviabile o una combinazione di queste tre possibilità.
Ora vi chiederete come venga normalmente utilizzata questa parte aggiuntiva. Consultate la Figura C-6 per avere un esempio.
In molti casi un'unica partizione occupa tutto il disco. In questo caso, nella tabella delle partizioni viene utilizzata solo una voce, che punta all'inizio della partizione.
Abbiamo attribuito a questa partizione l'etichetta di tipo "DOS". Sebbene si tratti solo di uno dei diversi tipi di partizione elencati nella Tabella C-1, è utile ai fini della nostra spiegazione.
Tabella C-1 contiene un elenco di alcuni tipi di partizione molto diffusi (e non) e il loro valore numerico esadecimale.
Tipo di partizione | Valore | Tipo di partizione | Valore |
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Vuota | 00 | Novell Netware 386 | 65 |
DOS 12-bit FAT | 01 | PIC/IX | 75 |
XENIX root | 02 | MINIX precedente | 80 |
XENIX usr | 03 | Linux/MINUX | 81 |
DOS 16-bit <=32M | 04 | Linux swap | 82 |
Estesa | 05 | Linux nativo | 83 |
DOS 16-bit >=32 | 06 | Linux esteso | 85 |
OS/2 HPFS | 07 | Amoeba | 93 |
AIX | 08 | Amoeba BBT | 94 |
AIX bootable | 09 | BSD/386 | a5 |
OS/2 Boot Manager | 0a | OpenBSD | a6 |
Win95 FAT32 | 0b | NEXTSTEP | a7 |
Win95 FAT32 (LBA) | 0c | BSDI fs | b7 |
Win95 FAT16 (LBA) | 0e | BSDI swap | b8 |
Win95 Esteso (LBA) | 0f | Syrinx | c7 |
Venix 80286 | 40 | CP/M | db |
Novell | 51 | DOS access | e1 |
Avvio PPC PReP | 41 | DOS R/O | e3 |
GNU HURD | 63 | DOS secondario | f2 |
Novell Netware 286 | 64 | BBT | ff |
Tabella C-1. Tipi di partizione
Col passare del tempo quattro partizioni non erano più sufficienti. Con la crescita delle dimensioni dei dischi fissi, è diventato sempre più diffuso creare quattro partizioni di dimensioni ragionevoli, riuscendo contemporaneamente ad avere ancora spazio sul disco per creare altre partizioni.
Inserite la partizione estesa. Come avrete notato nella Tabella C-1, esiste un tipo di partizione "Estesa" che si trova al centro delle partizioni estese.
Quando si crea una partizione di tipo "Estesa", viene creata una tabella delle partizioni estese. In sostanza, la partizione estesa è come una unità disco con tutte le sue caratteristiche —. Ha una tabella che punta a una o più partizioni (ora chiamate partizioni logiche, in opposizione alle quattro partizioni primarie) contenute interamente all'interno della partizione estesa. La Figura C-7 mostra una unitàdisco con una partizione primaria e una partizione estesa contenente due partizioni logiche (più altro spazio libero non partizionato).
Come si può notare da questa figura, esiste una differenza tra partizioni primarie e partizioni logiche - si possono avere solo quattro partizioni primarie, ma non c'è limite al numero di partizioni logiche che è possibile ottenere. Tuttavia, dato il modo in cui si accede alle partizioni in Linux, non è una buona idea tentare di definire più di 12 partizioni logiche su una singola unità.
Ora che abbiamo trattato in modo generale l'argomento delle partizioni, passiamo al lato pratico e proviamo a installare Red Hat Enterprise Linux.
Durante la ripartizione del disco fisso si possono incontrare tre possibili scenari:
spazio libero non partizionato
partizione inutilizzata
spazio libero in una partizione utilizzata attivamente
Analizziamo nell'ordine ogni scenario.
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Occorre tenere presente che i seguenti esempi sono stati semplificati per fornire maggior chiarezza e non riflettono la struttura generale delle partizioni che otterrete durante l'installazione di Red Hat Enterprise Linux. |
In questo caso, le partizioni già definite non occupano l'intero disco, lasciando dello spazio libero che non appartiene ad alcuna partizione definita. La Figura C-8 mostra questo concetto.
In Figura C-8, 1 rappresenta una partizione non definita con spazio non assegnato e 2 rappresenta una partizione definita con spazio assegnato.
In fondo, anche un disco fisso non utilizzato rientra in questa categoria, con la sola differenza che lo spazio non fa parte di alcuna partizione definita.
Vediamo ora una situazione più comune.
In questo caso, potreste avere una o più partizioni che non utilizzate più. Forse usavate un altro sistema operativo in passato e le sue partizioni (o la partizione) non vi servono più. La Figura C-9 illustra una situazione simile.
In Figura C-9, 1 rappresenta una partizione non usata e 2 rappresenta la ridistribuzione di una partizione non usata per Linux.
Se vi trovate in questa situazione, potete utilizzare lo spazio assegnato per la partizione inutilizzata. Dovete prima di tutto cancellare la partizione e quindi creare al suo posto la partizione (o le partizioni) appropriata per Linux. Avete l'opportunità di creare manualmente le partizioni durante una installazione e cancellare la partizione prima di crearne una nuova.
Linux fa riferimento alle partizioni del disco utilizzando una combinazione di lettere e numeri che può confondere, soprattutto se siete abituati al metodo del "drive C" per i dischi e le partizioni. Nel mondo DOS/Windows, le partizioni sono nominate usando il seguente metodo:
Ogni tipo di partizione viene controllata per determinare se può essere letta da DOS/Windows.
Se la partizione è compatibile, viene assegnata una "lettera del drive". Le lettere dei drive iniziano dalla lettera "C" e proseguono in funzione del numero di partizioni da etichettare.
La lettera del drive può quindi essere utilizzata per far riferimento a una data partizione così come al filesystem contenuto in essa.
Red Hat Enterprise Linux utilizza uno schema di assegnazione dei nomi più flessibile e ricco di informazioni rispetto all'approccio utilizzato da altri sistemi operativi. Tale schema si basa sui file, con nomi del tipo /dev/xxyN.
Ecco come decifrare lo schema per l'assegnazione dei nomi delle partizioni:
Questo è il nome della directory nella quale risiedono tutti i file device. Dato che le partizioni risiedono su dischi fissi e i dischi fissi sono dispositivi, i file che rappresentano tutte le possibili partizioni sono contenuti in /dev/.
Le prime due lettere del nome della partizione indicano il tipo di dispositivo su cui risiede la partizione. In genere trovate hd (per i dischi IDE) oppure sd (per i dischi SCSI).
Questa lettera indica su quale dispositivo si trova la partizione. Per esempio, /dev/hda (il primo disco IDE) oppure /dev/sdb (il secondo disco SCSI).
Il numero finale indica la partizione. Le prime quattro partizioni (primarie o estese) vengono numerate da 1 a 4. Le partizioni logiche iniziano da 5. Per esempio, /dev/hda3 è la terza partizione primaria o estesa sul primo disco IDE e /dev/sdb6 è la seconda partizione logica sul secondo disco SCSI.
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Non esiste nessuna convenzione su questa metodologia di denominazione basata sul tipo di partizione. A differenza di DOS/Windows, tutte le partizioni possono essere identificate sotto Red Hat Enterprise Linux. Naturalmente, questo non significa che Red Hat Enterprise Linux può accedere ai dati su qualunque tipo di partizione, ma in molti casi è possibile accedere ai dati delle partizioni dedicate ad altri sistemi operativi. |
Queste informazioni vi faciliteranno le cose quando configurerete le partizioni richieste da Red Hat Enterprise Linux.
Se le partizioni di Red Hat Enterprise Linux devono condividere lo spazio presente sul disco con partizioni utilizzate da altri sistemi operativi, non dovreste avere problemi. Tuttavia, alcune combinazioni di Linux e altri sistemi operativi richiedono maggiori precauzioni.
Uno degli aspetti che spesso confonde i nuovi utenti di Linux è capire come vengono utilizzate le partizioni nel sistema operativo Linux. In DOS/Windows è relativamente semplice: se esistono più partizioni, ogni partizione utilizza una "lettera del disco". Quindi potete utilizzare una lettera per fare riferimento ai file e alle directory presenti sulla partizione corrispondente.
Il modo con cui Linux gestisce le partizioni e, quindi, l'archiviazione sulle unità disco in generale, è completamente diverso. La differenza risiede nel fatto che ogni partizione viene utilizzata per supportare l'archiviazione di un singolo set di file directory. Questo avviene associando una partizione a una directory attraverso un processo chiamato mounting. Montare una partizione vuol dire rendere disponibile il contenuto in essa archiviato a partire dalla directory specificata (nota come mount point).
Per esempio, se la partizione /dev/hda5 viene montata su /usr, significa che tutti i file e le directory sotto /usr risiedono fisicamente su /dev/hda5. Così il file /usr/share/doc/FAQ/txt/Linux-FAQ sarà archiviato in /dev/hda5, ma non il file /etc/X11/gdm/Sessions/Gnome.
Continuando con questo esempio, è anche possibile che una o più directory sotto /usr siano mount point per altre partizioni. Per esempio, una partizione (come /dev/hda7) può essere montata su /usr/local, il che significa che /usr/local/man/whatis risiede su /dev/hda7 anziché su /dev/hda5.
A questo punto del processo di preparazione dell'installazione di Red Hat Enterprise Linux, dovete tenere in considerazione il numero e le dimensioni delle partizioni che vengono utilizzate con il nuovo sistema operativo. La domanda "quante partizioni" continua a generare discussioni nella comunity di Linux, è meglio dire che probabilmente ci sono tante modalità in cui creare partizioni quante sono le persone che ne discutono.
Ricordando questo, noi consigliamo che, se non avete un motivo per fare diversamente, dovreste almeno creare le seguenti partzioni: swap, /boot/ un file /boot/ è solo necessario per sistemi pSeries, e non per sistemi iSeries), PPC PReP Boot, e / (root). Notare che i nuovi dischi virtuali possono essere aggiunti dinamicamente sulle release OS/400 V5R2 e precedenti.
Per maggiori informazioni, consultate la Sezione 2.15.4.
[1] | I blocchi sono realmente di dimensioni regolari, a differenza delle illustrazioni. Tenete inoltre presente che un disco fisso medio contiene migliaia di blocchi. Ma ai fini di questa spiegazione, non è il caso di dar peso a queste piccole discrepanze. |